Non sapevo che potesse farmi male, eravamo ubriachi di beatitudine e vino dolce, splendenti nei modi in cui i giovani fanno sempre, una luce grezza attraverso di noi che può essere quasi troppo pericolosa per essere toccata. Era tutto istinto e velocità, avremmo imparato a conoscerlo come una corsa sacra, come se volessimo più di quanto si possa davvero dare, quindi raggiungeremo il basso e troveremo il tipo di fuoco che ci ha fatto sentire come se appartenessimo a noi. Non è mai stato così sbagliato voler essere parte di qualcosa al di là della propria solitudine. E quello che ricorderei di più non sarebbe il modo in cui le tue unghie hanno spezzato la carne vulnerabile o come quei segni fossero frasi temporanee e meravigliosamente imperscrutabili che bruciavano come geroglifici viventi che nessun altro avrebbe mai potuto capire, sarebbe stato il modo in cui il mio nome era sussurrato.
Non ho mai saputo allora che un suono così fugace potrebbe farmi capire quanto fossi da solo prima che quell'incantesimo solitario sigillasse per sempre ogni cosa di quella notte. Non sapevo che potesse far male allora. Era tutto istinto e movimento animale, per perforare la carne sacra e vulnerabile e non sapere che essere preso dentro era ciò che volevi davvero dare, che avrebbe ferito soprattutto, per dare così tanto e pensare che non ti apparteneva quando Sapevo già che una parte di me ti amava.
Per il tuo sussurro reclamare con tale certezza ma per poi dire di non toccarti, non è mai stato così sbagliato aver bisogno di te ancora di più e nessuna divisione da allora è stata più grande. E quello che ricorderei di più non sarebbe stata l'urgenza di come quei corpi senza conoscenza si stringevano insieme, il riparo del mio peso su di te, un paradiso beato che sarebbe andato ingiustamente paragonato a tutti gli altri. Non sarebbe la calma e sapendo che è stata la prima volta che qualcosa è fuggito da me per essere sempre una parte di te, non presa o arresa, ma data. Era il modo in cui i tuoi occhi mi imploravano di rimanere annidati tra le cosce divise perché ci scambiammo ciò che non poteva mai essere alterato. Stava vedendo la pallida curva della tua schiena e non sapendo mai cosa ti ha fatto voltare le spalle, era come se un mondo bellissimo avvolgesse, mi avvolgesse in un calore opprimente ma improvvisamente mi negava la sua gravità, le parole non erano più usate dopo, non per la rabbia o tenerezza reciproca, il silenzio implicava nuovi confini.
Ciò sarebbe seguito e ferito di più, andare avanti e non sapere mai se fosse a causa del tuo dolore o del mio, per non appartenere mai veramente. Non sapevamo che avrebbe fatto male allora..