Ci siamo fusi oltre le luci della città, non toccati dai loro bagliori di sodio, la tua mano liscia scivolò nella mia mentre seguivamo la vasta luna pallida. Le cicale riempivano l'aria densa, la serenata riverberante della notte in sintonia con gli incessanti tamburi di cuori affamati quando cala la notte. E sento il battito caldo nel mio palmo, mentre le tue labbra cominciano a cercare il mio, premute contro uno degli innumerevoli alberi oscuri che ci circondano come sentinelle ancora immobili, le antiche e silenziose guardie che ci nascondono. L'unico ossigeno che si agita ora sono i respiri che rubiamo tra il tuono urlante mentre iniziamo a schiaffeggiare la nostra sete, le lingue che cercano il gusto che abbiamo tanto perso. Gemo quando all'improvviso ti allontani, sentendo il vento sussurrare tra i pini, conducendomi verso il lago immobile mentre i vestiti cadono, svolazzando nell'aria come incerte apparizioni.
Noi spariamo nelle profondità. La scena ha un significato più profondo, tutto ciò che una volta era così familiare è orlato da un luccicante mistero, che mi dice che siamo simili all'acqua, lo specchio oscuro e increspato del cielo. Come la notte giace sulla superficie perfetta, non c'è modo di dire dove si finisce o inizia.
Emergendo di rivendicarmi oltre misura, perdo ogni parvenza di eloquenza, le sillabe si sciolgono in lamenti rabbiosi mentre le mani cercano tra le cosce divise. Il tuo corpo è una febbre scintillante, ricoperta di perle fredde e chiare, ognuna una sbirciata ingrandita nell'universo della tua pelle. E sento l'infinito impulso riverberante in quel momento in cui il tempo e la carne si contraggono per attirarmi dentro di te, fondersi con pieghe possessive e strette. L'unico stimolo dell'ossigeno ora è quando ci respiriamo a vicenda, esalazioni infuse con la nostra fame, alla ricerca del ritmo caldo che abbiamo bramato. Io sparisco nelle tue profondità.