Grazia

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Giaceva lì dolcemente addormentata, il respiro era silenzioso ma sano. La notte era troppo calda per le coperte, stavo fissando il suo tumulo. Solleva sempre una faretra quando dorme o si sveglia, ma guardandola in quel momento, era più di quanto potessi sopportare. Mi avvicinai lentamente e guardai la mia Venere.

Era tempo di fare un regalo amorevole che non coinvolgesse il mio pene. Le leccai delicatamente le dita dei piedi e le presi in bocca, poi lentamente iniziai a baciarla, il mio viaggio verso sud. Un lamento le sfuggì dalle labbra, ma era sicuramente quello del piacere. I suoi arti allargati mi hanno dato una visione di quel meraviglioso tesoro setoso.

I miei baci ora diventavano più duri, mentre andavo sopra le sue ginocchia. Nessun uomo potrà mai più baciare cosce più meravigliose di queste. Le sue labbra ora guardavano davanti a me. Le mie dita mi seguirono. Ho sentito un altro gemito fuggire, questa volta un suono più profondo.

Ho lentamente leccato la sua entrata. La mia lingua era calda ma ferma. Le sue dita afferrarono il materasso, mentre la sentivo iniziare a dimenarsi. Una mano poi mi afferrò la testa e mi trascinò violentemente dentro.

Spiegai la lingua dentro di lei. I suoi succhi mi inzupparono il mento. Prima su e giù, poi lateralmente, l'altra mia ghiandola dell'amore, si stava adattando più in profondità, come un dito in un guanto. Più veloce e più profondo, mentre le mie dita trovavano il suo bocciolo.

La mia lingua si era fatta più forte quando la sentii iniziare a inondare. Le sue onde ho ingoiato rapidamente. La mia festa dionisiaca. Un pasto dal quale non posso astenermi.

Farei un prete molto sfrenato. Il suo respiro divenne poi gentile. Sul suo viso si levò un sorriso, "La prossima volta, per favore, fai una pausa prima di mangiarmi, poiché non hai mai pronunciato grazia".

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